Il problema dell’Africa. Le parole del Dr. Lugli – parte 02

La decennale esperienza tanzaniana mi ha convinto che, solo utilizzando uno studio multidisciplinare, oserei definirlo olistico, si possa, concretamente, dare il via ad uno sviluppo economico sostenibile, strutturato e rispondente alle reali necessità del paese in oggetto.

Multidisciplinare significa conoscere la geografia, la cultura, la storia, gli usi e costumi delle varie etnie, le carenze infrastrutturali, la politica e via dicendo.
Non può esistere una unica ricetta valida per tutti.

Andiamo nello specifico: l’agricoltura.
La Tanzania, come tutti i paesi africani, ad esclusione del Sudafrica, è un paese soprattutto rurale dove si produce per la propria sussistenza .
Le coltivazioni sono stagionali e dipendenti dalle piogge.
Nei miei viaggi ho notato un gravissimo fenomeno erosivo del terreno con la perdita dello strato superficiale di micro elementi necessari per la sua fertilità
Spesso quando piove la terra viene portata via dall’acqua che scorre sui declivi a causa di una marcata deforestazione, provocata dalla necessità di destinare nuova zone alle coltivazioni ed anche per potere utilizzar la legna per cucinare e per riscaldarsi.

Come intervenire?
– Bisogna riforestare onde assicurare il trattenimento delle acque piovane ed impedire anche la erosione eolica.
– Utilizzare in maniera razionale, in caso di siccità, un impianto di irrigazione onde assicurare l’acqua, estratta da pozzi, durante il periodo di crescita delle coltivazioni.
– Fare ricorso alla rotazione delle colture, i fagioli vanno in simbiosi con batteri che fissano l’azoto al terreno.
Quest’ultimo, insieme la fosforo ed al potassio, sono fertilizzanti naturali.
La terra debitamente arricchita di azoto dalla suddetta coltivazione rende molto più facile e redditizia quella successiva di mais.
Quest’ultimo è l’alimento base in Tanzania.

– Preservare lo strato superficiale del terreno ricorrendo alla coltura a maggese.
Consiste nel lasciare a riposo per un certo periodo un terreno affinché riacquisti la fertilità.
La cosa più logica potrebbe essere quella di seminare strisce di terra separate da altre a maggese e alternarle anno per anno.
A Cuba è molto sviluppata la tecnica che permette, attraverso la semina di due piante diverse, la reciproca distruzione dei rispettivi parassiti, non si usano pesticidi.
Non so ancora se è possibile fare la stessa cosa in Tanzania.
Quello che vorrei che fosse chiaro è che qualsiasi cosa si coltivi ha bisogno del suo clima.
Il mais cresce in Tanzania mentre sugli altipiani etiopi si semina un cereale chiamato teff.
– Lo stesso problema riguarda gli animali, nell’Africa subsahariana è molto difficile allevare pecore perché necessitano di verdi pascoli.
Anche i bovini hanno la stessa difficoltà e sono estremamente magri.
L’unico animale che, grazie ad un particolare apparato ruminante, riesce a digerire gli arbusti, è la capra, numerosissima in Africa.

Come sviluppare l’agricoltura onde potere realizzare un surplus per il commercio ?
Il nostro progetto, di cui vi ho parlato nel mio primo articolo, si propone di dare una risposta efficace in merito.
Una Onlus con cui collaboriamo ha iniziato la riforestazione a protezione dei terreni che andremo ad utilizzare. Continueremo la loro opera.
Utilizzeremo la nostra isola fotovoltaica, realizzata nel 2008, per estrarre acqua da un pozzo e la convoglieremo in un bacino esistente da cui parte l’impianto d’irrigazione.
Abbiamo la fortuna che la terra che dovrà essere irrigata è leggermente in pendenza e l’acqua vi scorrerà per forza di gravità.
Se non dovesse piovere utilizzeremo l’impianto la mattina presto, ci permetterà di non fare evaporare l’acqua raccolta nel bacino di cui sopra.
Tutta l’energia necessaria viene erogata dal nostro impianto.
Ecco, l’energia, grandissima carenza della Tanzania dove non esiste un impianto pubblico e si cerca di utilizzare con scarso effetto, nella zona in cui operiamo, un fatiscente impianto idroelettrico presente sull’altopiano del Kilimanjaro.
Senza energia non si estrae l’acqua, non si può refrigerare e mantenere l’eventuale surplus di cibo, non si possono lavorare industrialmente gli alimenti, non si può realizzare nessuna attività manifatturiera e via dicendo.
Senza elettricitá, la produttività è bassa, bassa produttività basso reddito procapite, basso reddito basse entrate fiscali, basse entrate scarse possibilità per lo Stato di investire in servizi sociali, sanità, infrastrutture, educazione.
Il classico circolo vizioso della trappola della povertà.

Un’ idea macroeconomica l’avrei.

Nel mondo si stanno sviluppando tecnologie che utilizzano la inesauribile risorsa del sole.
Mi riferisco alla energia solare termica.
Utilizzando dei deflettori si concentra la luce su un liquido che a sua volta trasferisce calore all’acqua, trasformandola in vapore che fa girare delle turbine che producono elettricità.

L’Algeria sfrutta già questa tecnologia, progetto Desertec, installata nel deserto, per rifornire attraverso cavi sottomarini città tedesche al confine con l’Olanda .

Perché lo Stato tanzaniano non vende le sue materie prime, petrolio, diamanti, uranio in cambio della suddetta tecnologia onde assicurarsi una fornitura perenne di energia?
Ciò la renderebbe autosufficiente e senza proporsi, per il momento, di emulare l’Algeria potrebbe sviluppare la propria industria.

Oggi con l’incremento demografico e con l’auspicabile aumento del PIL in Africa credo sia necessario essere lungimiranti e rivolgersi a fonti energetiche alternative onde assicurare una crescita sostenibile che abbia a cuore il destino della nostra terra. Nei prossimi articoli mi inoltrerò anche nelle problematiche sanitarie e politiche.

Trova subito tutti gli articoli del Dr. Lugli sul problema dell’Africa, articoli apparsi sul mensile La Piazza di Rimini.
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