Il problema dell’Africa. Le parole del Dr. Lugli – parte 06

Negli ultimi 60 anni migliaia di miliardi sono stati trasferiti dai paesi ricchi a quelli poveri, in maggioranza africani, senza ottenere una diminuzione delle diseguaglianze ed un apprezzabile sviluppo economico.

Servono veramente gli aiuti? Molti economisti ne mettono in dubbio l’efficacia.

Se dovessimo considerare solo la Cina che, da paese povero, quale era, è diventata la locomotiva che tutti conosciamo con aumenti del PIL del 10 % per anni ed anni, dovremmo dire di no.

E’ riuscita da sola nel’intento.

E’ stato possibile, credo, grazie alla sua specificità, un popolo che, tranne la minoranza mussulmana dell Xinjiang, che occupa le terre del nordovest, si riconosce unito per religione, cultura e storia da secoli.
Anche se segnata dal violento susseguirsi di dinastie Ming, guerre dell’oppio, Rivoluzione cinese , rivoluzione culturale e via dicendo ha mantenuto una propria identità che ha permesso lo straordinario sviluppo economico .
Non è cosi in Africa dove contrasti etnici rendono tremendamente instabili la maggioranza degli Stati con tutto ciò che ne consegue, corruzione, dittature e profondo malgoverno.

Spesso gli aiuti sono stati concessi ad oligarchie senza controllarne il buon utilizzo e ciò ha facilitato il malaffare e l’aumento delle disuguaglianze.
Se mi dovessi limitare a quanto scritto dovrei dire che gli aiuti non servono ma non è esattamente cosi, vedrò di spiegarlo.
rima di approfondire il ragionamento è bene chiarire che esistono gli aiuti multilaterali, quelli elargiti dalla Banca Mondiale e dal Fondo Monetari Internazionale e dalle varie Agenzie delle Nazioni Unite, ad esempio la Fao, gli aiuti bilaterali fra governi e gli aiuti rivati, terzo settore, benefattori ed industrie private.e cosi via.

Sui primi, operativi da oltre sessantanni, mi limito a dire che non sono assolutamente serviti.

La Cina ha stabilito accordi bilaterali con tantissimi paesi africani con l’intento di assicurarsi materie prime, petrolio, terre, legnami, in cambio realizza ferrovie, strade, scuole ospedali e via dicendo echino si trova nella necessità di dare risposte all’emergente classe media creata dal boom economico.

È aumentata a dismisura la richiesta di cibo, vestiario, automobili e solo l’Africa può dare il grano del Sudan, il petrolio dell’Angola e del Sudan, il cotone del Burkina Faso e la carne del Botswana che servono all’uopo.

Sono accordi prettamente commerciali e non è importante se si devono stringere anche con paesi dominati da dittatori, per la Cina, purtroppo, vale la legge della non ingerenza.
Si è comportata esclusivamente come un partner commerciale, non ha usato il fucile o la violenza ma solo il denaro .
Vuole esclusivamente fare affari.
A differenza dei colonizzatori europei le infrastrutture che costruiscono non sono solo indispensabili per rendere più snelli i trasporti dalle zone di estrazione delle materie prime ma vengono realizzate anche a beneficio degli autoctoni.

L’ho verificato a dicembre in Tanzania, stanno costruendo una strada dove non esistono loro attività. Se a un certo punto i donatori dicessero:”cara Africa fra quattro anni i rubinetti degli aiuti si chiuderanno”, cosa pensate possa succedere? Io credo nulla di peggio di quello che già esiste basti pensare che trent’anni fa il reddito pro capite del Burkina Faso e del Burundi era superiore a quello della Cina.

Il paese asiatico, da solo, ha fatto quello che ha fatto mentre l’Africa è ancora al palo.
Eppure il continente offre una moltitudine di manodopera a bassissimo costo altamente competitiva nei confronti dei paesi dell’Asia meridionale e dell’Europa orientale.
Come mai non decolla?
Siamo alle solite, il costo del lavoro è inutile se poi per i trasporti devi spendere tantissimo per evidenti carenze infrastrutturali.
Altro enorme fardello è la burocrazia, con la quale mi sono imbattuto anche io con il semplice ritiro di un container, mesi e mesi per il rilascio dei documenti.
tutto ciò è riconducibile al retaggio dei colonizzatori di cui vi ho già parlato.

Fortunatamente qualcosa si muove, quindici paesi, fra cui la Tanzania, hanno ottenuto il diritto dalle agenzie di rating di vendere obbligazioni dei paesi emergenti, il cui ricavato viene utilizzato per le necessità interne.
Ad oggi solo il Ghana ed il Gabon lo hanno fatto.

A garanzia i paesi interessati utilizzano anche le materie prime di cui sono in possesso
Ovviamente il tasso d’interesse varia a fronte della maggiore o minore affidabilità.
Questa è la scommessa da vincere, devono essere incentivati a camminare sulle proprie gambe senza la perenne ancora di salvezza degli aiuti internazionali.
L’affidabilità, di cui sopra, implica assunzione di responsabilità verso la collettività, incentivare tutte le buone pratiche per sostenere uno sviluppo commerciale consono, snellire la burocrazia e via dicendo.
Nei paesi in cui si è avviato questo processo si sta assistendo all’arrivo di investimenti esteri diretti.

Questi ultimi sono realmente efficaci perché sono indirizzati alla base produttiva e non vengono dati, come nel caso degli aiuti multilaterali, direttamente ai governi senza controllarne l’utilizzo.

Una volta accesso il motore dell’economia si potrà accedere anche alle imposte sul reddito.
Altra forme di aiuto condivisibili sono il microcredito e la pratica di “trasferimento condizionato di denaro”.

Il microcredito è stato ideato dal premio Nobel Yunus, nativo del Bangladesh, fondatore della Grameen Bank, in bengalese significa “banca del villaggio”.
Ha l’encomiabile scopo di concedere prestiti agli ultimi degli ultimi che non hanno proprietà da fornire a garanzia , se non le proprie mani.
In origine era rivolto alle donne.
Il meccanismo è semplice, nel villaggio ci sono, per esempio, cinque donne interessate al prestito, questo viene erogato alla donna”A” le altre si assumono insieme a lei l’onere del rimborso perché qualora non si verificasse la restituzione del debito, il prestito non verrebbe
successivamente più erogato, a cascata, alle altre lavoratrici.
Questo sistema ha preso molto piede nel mondo.

La pratica del “trasferimento condizionato del denaro”, ideato da un ministro messicano, si prefigge di dare denaro come incentivo ai poveri per stimolarli a raggiungere scopi concreti.
In Messico inizialmente erano concessi per facilitare l’accesso alla scuola dei più poveri.
Queste ultime, con gli investimenti esteri diretti di cui sopra, sono le uniche fonti di aiuti che concepisco.
Cortocircuitano tutto ciò che può negativamente frapporsi, vanno direttamente alla base del problema, danno anche la possibilità di verificarne l’utilizzo.

Trova subito tutti gli articoli del Dr. Lugli sul problema dell’Africa, articoli apparsi sul mensile La Piazza di Rimini.
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