Il problema dell’Africa. Le parole del Dr. Lugli – parte 07

Nel 2006 condizioni avverse provocarono un crollo della produzione di cibo. Paesi produttori, Russia, Ucraina, Stati Uniti, Australia, registrarono un tracollo.
Fu l’inizio che portò alla crisi alimentare mondiale del 2008.
Ci fu, a onore del vero, un insieme di concause che hanno provocato il disastro.
Le vado ad elencare :

crollo delle riserve dei cereali, provocato dai magri raccolti come sopra menzionato.

aumento del costo del petrolio che, a cascata, ha innescato più problematiche: elevati costi di produzione e di trasporto del cibo ed aumento della richiesta di biocombustibili, come alternativa al petrolio stesso.
la suddetta produzione è stato foraggiata anche da sussidi da parte degli Stati Uniti e dell’Unione Europea, la quale prevede di raggiungere entro il 2020 il 20% del totale della fornitura di propellenti per auto trazione con i biocombustibili.
Ciò ha reso estremamente appetibile, per i produttori, destinare le terre a propria disposizione alla coltivazione di mais, soia, canna da zucchero e olio di palma, da cui si estrae il biodisel ed il bioetanolo.
Il Brasile, grandissimo produttore di canna da zucchero, in quegli anni, per i trasporti utilizzò per l’80% bioetanolo.

– con l’aumento del reddito nei Paesi emergenti, Cina ed India, si verificò un enorme aumento della domanda di alimenti a cui prima, i rispettivi abitanti, non erano abituati, carne, latticini, uova, provocando una grande richiesta di mais e di soia da destinare all’alimentazione intensiva di bovini, suini e polli.

– il cambio di destinazione della produzione cerealicola come sopra evidenziato, ha abbassato notevolmente la disponibilità del terreno ad uso umano.

– nel 2008 con il crollo dei mutui subprime americani, fallimento della Lehmam brothers, si verificò una accelerazione dei fenomeni speculativi, si registrò un notevole afflusso di liquidità verso la terra ed il cibo che allora furono considerati beni rifugio, alla stregua dell’oro.
I grandi finanziatori, fondi pensione, grandi società , pensarono bene di differenziare il proprio portafoglio azionario per limitarne il rischio.
Ciò ha provocato una enorme spinta speculativa con un aumento dei prezzi del cibo.

– nel 2008 l’enorme aumento del prezzo dei cereali ha provocato anche il blocco delle esportazioni di mais, di grano e di riso nei paesi che ne avevano a disposizione. Temevano che, vendendo, avrebbero provocato un aumento dei prezzi interni per una probabile incapacità di rispondere alla crescente domanda locale.
Le Nazioni con difficoltà di approvvigionamento aumentarono a dismisura la richiesta sul mercato, provocando una ulteriore impennata dei costi.
Si assistette anche a violente manifestazioni di piazza a dimostrazione di come la sicurezza alimentare assicuri la sicurezza sociale.
Oggi, purtroppo, il 90% del commercio mondiale dei cerali è in mano a multinazionali, Cargill Dreyfus, Marubeni, Archer ed altre.
Tre quarti del mercato mondiale dei pesticidi e delle sementi è in mano alla Monsanto, alla Bayer, alla Sygenta, alla Du Pont.
Imprese come la Nestle, La Kraft, la Uniliver, la coca cola, la Danone, controllano gran parte dei prodotti confezionati.
Con queste problematiche il Land Grabbing ha vuoto buon gioco.
Negli anni a seguire si è assistito alla marginalizzazione dell’agricoltura tradizionale.
Molti Paesi del terzo mondo hanno risposto alla imposizione di politiche di riorganizzazione strutturale imposte dalla Banca Mondiale, che spingevano sulla necessità di sviluppare l’esportazioni, facilitando la produzione di monocolture destinate al commercio globale a scapito della produzione interna.
Ecco che ritorna l’Africa con le sue innate difficoltà infrastrutturali, di governance, di debito enorme da rispettare, di scarsissimi investimenti pubblici che la crisi del 2008 ha dilatato a dismisura.
Purtroppo le conseguenze macro e microeconomiche sono state molto evidenti.
Conseguenze macroeconomiche:

diminuzione delle esportazioni per aumento dei costi del petrolio, per l’incapacità di rispondere anche al benefico aumento della domanda.I paesi poveri non sono in grado di acquistare i fertilizzanti e le sementi e di dotarsi della adeguata tecnologia che potrebbe servire all’uopo perché in un mercato come quello del 2008, dove si è verificata una impennata della richiesta di cibo, solo i paesi sviluppati avevano le giuste risorse economiche per aumentare la produzione.

aumento delle importazioni, nei limiti imposti dalle possibilità interne, associate alla diminuzione dell’esportazioni aggravano la bilancia commerciale.
Ciò provoca aumento del debito e della inflazione.

ovvia caduta dei consumi con conseguente calo delle imposte che diminuiscono la disponibilità di spesa per i servizi sociali, infrastrutturali e via dicendo.

la diminuzione delle esportazioni, inoltre, riduce la disponibilità di valuta estera con la quale fare fronte anche all’abbattimento del debito o meglio degli interessi sul debito.
Il classico cane che si morde la coda.

Conseguenza microeconomiche:

Nei paesi dell’Africa subsahariana il reddito è inferiore ai due dollari al giorno, spesso inferiore al dollaro.
Il 70%-80% del suddetto reddito è destinato alla alimentazione.
Un aumento ulteriore dei costi del cibo ne diminuisce drasticamente l’accesso.
Si comprime ancora di più il consumo, quale con uno o due dollari al giorno?

Nelle migliori delle ipotesi ci si orienta verso cibo spazzatura con un inesistente contenuto dei necessari microelementi.

Siamo nella migliore delle ipotesi alla malnutrizione, anticamera della fame cronica.
Tutto ciò rinunciando ovviamente al “superfluo”: sanità, acqua potabile, istruzione.

Le vittime di questo indecente mondo sono i bambini che soffrono di problemi fisici e cognitivi e sono più facilmente soggetti ad ammalarsi.

Quanto riportato è più evidente nei centri urbani che in quelli rurali, dove una minima possibilità di parzialissima sussistenza qualche volta esiste.
Come si fa a rimanere insensibili di fronte a simili disparità?

Ultima considerazione:
gli Stati donatori stabiliscono in budget annuale di aiuti, se i prezzi delle derrate alimentari salgono c’è ancora meno disponibilità di cibo.
Spero vivamente che queste mie argomentazioni spingano tanti a non farsi sopraffare dalla disinformazione imperante.
Nei prossimi articoli vedrò di parlarvi riguardo quello che, secondo il mio punto di vista si può e si deve fare il Africa.

Trova subito tutti gli articoli del Dr. Lugli sul problema dell’Africa, articoli apparsi sul mensile La Piazza di Rimini.
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